Canneto Pavese
Sorge in uno dei punti più panoramici dell’Oltrepò Pavese, diviso in piccole frazioni separate che siedono sulle vette dei piccoli poggi arrotondati sulla sommità delle colline a cavallo tra la Valle Versa e la Valle Scuropasso: Canneto Pavese è uno dei comuni che vantano la maggiore percentuale di superficie vitata nell’Oltrepò. Quasi il 90% delle aree coltivabili è coperto da vigneti (circa 500 ettari), curati da circa 140 produttori, che producono mediamente 32mila ettolitri di vino ogni anno. Per la maggior parte si tratta di vini rossi.
Il territorio di Canneto è uno dei cuori autoctoni dell’Oltrepò Pavese, che ha dato nome all’Ughetta e che si trova al centro della limitata zona di produzione del Sangue di Giuda e del Buttafuoco, i quali solo qui e in altri sei comuni limitrofi possono fregiarsi della DOC
Quello che oggi si presenta come un solo comune, nei secoli addietro era invece un insieme di comunità distinte. Montù de Gabbi (Montuè), Beria, Vigalone, Canneto (inteso come l’odierna frazione capoluogo del comune) e Monteveneroso erano, ancora nel Settecento, entità autonome. E ciò voleva dire che ognuna di esse aveva le proprie unità amministrative, radunava un proprio Consiglio Generale e prendeva decisioni in totale indipendenza.
Fu solo verso la fine del Settecento che queste comunità, ritenute troppo piccole per reggersi da sole, vennero unite a Montù de Gabbi. Nel 1783 si trovano rappresentate, nel consiglio di Montù de Gabbi, anche Canneto, Beria e Vigalone. Solo Monteveneroso continuò a fare comune a sè, almeno fino al 1804. Per avere le prime notizie documentate sull’esistenza di Canneto – che si chiamò fino al 1886 Montù de Gabbi – o di qualcuna delle sue frazioni, bisogna risalire all’anno 1029. Di un borgo a nome “Caneto”, in particolare, si parla in un atto di vendita del 1198. Quasi sicuramente le origini del borgo sono più antiche, ma è solo in periodo medievale che “Caneto” conobbe un certo sviluppo.
La comunità sorse e si sviluppò, per certo, intorno al castello di Montuè che rappresentò, lì come ovunque nell’Oltrepo intorno all’anno Mille, l’elemento dominante dell’abitato umano. Dall’esistenza del castello dipendevano infatti la sicurezza dei contadini e dei sudditi, e intorno a esso, come primo nucleo, venivano a sorgere le case del borgo.
Politicamente Canneto seguì, nei secoli, il destino di tutto l’Oltrepo Pavese. Come parte integrante del Principato di Pavia si trovò sotto i Visconti prima e gli Sforza poi. Passò sotto la dominazione francese tra il 1499 e il 1534; quella spagnola dal 1535 al 1713 e quella austriaca dal 1713 al 1743, anno in cui venne staccato da Pavia, eretto in provincia autonoma con capoluogo Voghera, e aggregato al Regno di Sardegna. Il 27 novembre 1868, in una seduta del consiglio comunale di Montù de Gabbi, viene proposto il cambiamento del nome del comune. La motivazione è economica. Così il verbale di quella seduta: “L’unico prodotto delle nostre terre è il vino; esso si consuma in Lombardia ed è delizia dei Lombardi che lo chiamano per vino de’ Caneto. Questo nome per i suoi vini generosi e spumanti è conosciuto non solo in Lombardia ma in parecchie città d’Italia e nell’America. Il nome ufficiale di Montù de Gabbi non è conosciuto qual produttore di vini generosi e prelibati”. La risposta del Ministero dell’Interno è però negativa; fu necessaria una seconda richiesta, questa volta accolta, e, dall’1 gennaio 1886, Montù de Gabbi potè ufficialmente cambiare la denominazione in quella di Canneto Pavese. Come curiosità va ricordato che il toponimo “Canneto” è retaggio dell’originario sviluppo della vite, quando la “canna” veniva adoperata come sostegno delle vigne. A partire dal ‘600 si diffuse, invece, l’uso dei pali.
Da vedere
Il Castello Candiani, uno dei castelli più importanti dell’Oltrepò nei secoli passati, del quale rimangono oggi purtroppo solo resti. Chiunque ami i castelli potrà anche camminare su quello che originariamente era il pavimento del primo piano, al di sotto del quale sono visibili i sotterranei costruiti con mattoni a vista. Le origini molto antiche del paese sono testimoniate anche dalla chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Marcellino, Pietro ed Erasmo.
Suggestivi sono anche i resti dell’antica chiesa di San Marcellino.
Chi voglia poi riassaporare lo spirito della “belle epoque”, non potrà mancare una visita alle Terme di Recoaro, all’interno di uno dei più begli edifici liberty dell’Oltrepò.
Dati statistici
Superficie totale: 5,81 kmq
Ettari vitati: 480
Altitudine (min-max): 105 - 317 m
Il territorio di Canneto è uno dei cuori autoctoni dell’Oltrepò Pavese, che ha dato nome all’Ughetta e che si trova al centro della limitata zona di produzione del Sangue di Giuda e del Buttafuoco, i quali solo qui e in altri sei comuni limitrofi possono fregiarsi della DOC
Quello che oggi si presenta come un solo comune, nei secoli addietro era invece un insieme di comunità distinte. Montù de Gabbi (Montuè), Beria, Vigalone, Canneto (inteso come l’odierna frazione capoluogo del comune) e Monteveneroso erano, ancora nel Settecento, entità autonome. E ciò voleva dire che ognuna di esse aveva le proprie unità amministrative, radunava un proprio Consiglio Generale e prendeva decisioni in totale indipendenza.
Fu solo verso la fine del Settecento che queste comunità, ritenute troppo piccole per reggersi da sole, vennero unite a Montù de Gabbi. Nel 1783 si trovano rappresentate, nel consiglio di Montù de Gabbi, anche Canneto, Beria e Vigalone. Solo Monteveneroso continuò a fare comune a sè, almeno fino al 1804. Per avere le prime notizie documentate sull’esistenza di Canneto – che si chiamò fino al 1886 Montù de Gabbi – o di qualcuna delle sue frazioni, bisogna risalire all’anno 1029. Di un borgo a nome “Caneto”, in particolare, si parla in un atto di vendita del 1198. Quasi sicuramente le origini del borgo sono più antiche, ma è solo in periodo medievale che “Caneto” conobbe un certo sviluppo.
La comunità sorse e si sviluppò, per certo, intorno al castello di Montuè che rappresentò, lì come ovunque nell’Oltrepo intorno all’anno Mille, l’elemento dominante dell’abitato umano. Dall’esistenza del castello dipendevano infatti la sicurezza dei contadini e dei sudditi, e intorno a esso, come primo nucleo, venivano a sorgere le case del borgo.
Politicamente Canneto seguì, nei secoli, il destino di tutto l’Oltrepo Pavese. Come parte integrante del Principato di Pavia si trovò sotto i Visconti prima e gli Sforza poi. Passò sotto la dominazione francese tra il 1499 e il 1534; quella spagnola dal 1535 al 1713 e quella austriaca dal 1713 al 1743, anno in cui venne staccato da Pavia, eretto in provincia autonoma con capoluogo Voghera, e aggregato al Regno di Sardegna. Il 27 novembre 1868, in una seduta del consiglio comunale di Montù de Gabbi, viene proposto il cambiamento del nome del comune. La motivazione è economica. Così il verbale di quella seduta: “L’unico prodotto delle nostre terre è il vino; esso si consuma in Lombardia ed è delizia dei Lombardi che lo chiamano per vino de’ Caneto. Questo nome per i suoi vini generosi e spumanti è conosciuto non solo in Lombardia ma in parecchie città d’Italia e nell’America. Il nome ufficiale di Montù de Gabbi non è conosciuto qual produttore di vini generosi e prelibati”. La risposta del Ministero dell’Interno è però negativa; fu necessaria una seconda richiesta, questa volta accolta, e, dall’1 gennaio 1886, Montù de Gabbi potè ufficialmente cambiare la denominazione in quella di Canneto Pavese. Come curiosità va ricordato che il toponimo “Canneto” è retaggio dell’originario sviluppo della vite, quando la “canna” veniva adoperata come sostegno delle vigne. A partire dal ‘600 si diffuse, invece, l’uso dei pali.
Da vedere
Il Castello Candiani, uno dei castelli più importanti dell’Oltrepò nei secoli passati, del quale rimangono oggi purtroppo solo resti. Chiunque ami i castelli potrà anche camminare su quello che originariamente era il pavimento del primo piano, al di sotto del quale sono visibili i sotterranei costruiti con mattoni a vista. Le origini molto antiche del paese sono testimoniate anche dalla chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Marcellino, Pietro ed Erasmo.
Suggestivi sono anche i resti dell’antica chiesa di San Marcellino.
Chi voglia poi riassaporare lo spirito della “belle epoque”, non potrà mancare una visita alle Terme di Recoaro, all’interno di uno dei più begli edifici liberty dell’Oltrepò.
Dati statistici
Superficie totale: 5,81 kmq
Ettari vitati: 480
Altitudine (min-max): 105 - 317 m
Montescano
Tra i più piccoli comuni dell’Oltrepò Pavese, è collocato in posizione centrale nella Valle Versa. La sua superficie di 240 ettari si estende sulla riva sinistra del torrente Versa, tra il fondovalle, dove si trova la frazione Pozzolo, e le pendici collinari, con altitudini non superiori ai 300 metri, tra i comuni di Canneto Pavese e di Castana.
L’antico nome "Mons Scanus" testimonia la posizione del nucleo originario, su un poggio. “Scanus” significa "scanno", "sedia". Vi è anche chi, d’altra parte, collega il nome di Montescano a Mons Tuscanus, divenuto poi Monte Tuscano, che viene attestato per la prima volta nel 1099 e che deve forse la sua origine a un antico proprietario dell' Etruria.
I primi cenni dell’esistenza del paese, con il nome Montescanus, sono contenuti in un documento del 1164, con il quale Federico Barbarossa poneva il comprensorio di Broni sotto la giurisdizione dei conti Sannazzaro di Pavia. In un atto del 1445, che descriveva un fondo detto "Zerbio", si segnala la presenza di un castello del quale non è rimasta traccia. Montescano seguì le vicende del feudo di Broni e dell’Oltrepò, prima dominio visconteo, poi degli Sforza; si succedettero in seguito Francesi, Spagnoli e Austriaci, finchè, nel 1743, venne aggregato al Regno di Sardegna.
Con l'avvento di Napoleone Bonaparte i territori oltrepadani vissero un periodo molto tormentato, in quanto furono teatro di diverse battaglie e di repentini cambiamenti di fronte.
Con la restaurazione seguita al Congresso di Vienna nel 1815 il territorio oltrepadano ritornò a far parte della provincia di Voghera del Regno di Sardegna.
Nel 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia venne soppressa la provincia di Voghera e Montescano passò a far parte della provincia di Pavia, ricomposta nella sua unità storica simile a quella della provincia attuale.
Il paese era un tempo noto per le cave di gesso, che venivano utilizzate per l’edilizia ed erano situate tra le frazioni di Pozzolo e Cà dei Colombi.
Il territorio di Montescano è quasi interamente coltivato a vigneti che producono rinomati vini DOC, quali Barbera, Bonarda, Buttafuoco, Riesling, Rosso Oltrepò, Pinot, Sangue di Giuda e Buttafuoco.
Da vedere
Tra i luoghi di maggior interesse del paese vi è la fontana Missaga. Taluni la chiamano “Missaglia”, dal nome di Carlo Missaglia, primo sindaco del comune dopo l'unità d'Italia, il quale si occupò della sistemazione di queste fonti di origine antica. Un altro importante edificio è il Santuario dedicato alla Madonna di Caravaggio, sorto nel 1941 e sede parrocchiale dal 1944. La Cantina Sociale di Montescano, che vanta una tradizione quasi secolare, infatti fu fondata nel 1902, è stata recentemente acquisita dalla Cantina Sociale "La Versa". Dal 1974 a Montescano funziona il moderno Centro Medico "Fondazione Maugeri", dotato di 250 posti letto, fondato dal professor Maugeri, direttore della Clinica del Lavoro di Pavia e che è oggi un Istituto all'avanguardia per la riabilitazione cardiologica, pneumologica e la rieducazione funzionale e si trova nel Palazzo Olevano
Dati statistici
Superficie totale: 2,4 kmq
Ettari vitati: 139
Altitudine (min-max): 118 - 317 m
L’antico nome "Mons Scanus" testimonia la posizione del nucleo originario, su un poggio. “Scanus” significa "scanno", "sedia". Vi è anche chi, d’altra parte, collega il nome di Montescano a Mons Tuscanus, divenuto poi Monte Tuscano, che viene attestato per la prima volta nel 1099 e che deve forse la sua origine a un antico proprietario dell' Etruria.
I primi cenni dell’esistenza del paese, con il nome Montescanus, sono contenuti in un documento del 1164, con il quale Federico Barbarossa poneva il comprensorio di Broni sotto la giurisdizione dei conti Sannazzaro di Pavia. In un atto del 1445, che descriveva un fondo detto "Zerbio", si segnala la presenza di un castello del quale non è rimasta traccia. Montescano seguì le vicende del feudo di Broni e dell’Oltrepò, prima dominio visconteo, poi degli Sforza; si succedettero in seguito Francesi, Spagnoli e Austriaci, finchè, nel 1743, venne aggregato al Regno di Sardegna.
Con l'avvento di Napoleone Bonaparte i territori oltrepadani vissero un periodo molto tormentato, in quanto furono teatro di diverse battaglie e di repentini cambiamenti di fronte.
Con la restaurazione seguita al Congresso di Vienna nel 1815 il territorio oltrepadano ritornò a far parte della provincia di Voghera del Regno di Sardegna.
Nel 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia venne soppressa la provincia di Voghera e Montescano passò a far parte della provincia di Pavia, ricomposta nella sua unità storica simile a quella della provincia attuale.
Il paese era un tempo noto per le cave di gesso, che venivano utilizzate per l’edilizia ed erano situate tra le frazioni di Pozzolo e Cà dei Colombi.
Il territorio di Montescano è quasi interamente coltivato a vigneti che producono rinomati vini DOC, quali Barbera, Bonarda, Buttafuoco, Riesling, Rosso Oltrepò, Pinot, Sangue di Giuda e Buttafuoco.
Da vedere
Tra i luoghi di maggior interesse del paese vi è la fontana Missaga. Taluni la chiamano “Missaglia”, dal nome di Carlo Missaglia, primo sindaco del comune dopo l'unità d'Italia, il quale si occupò della sistemazione di queste fonti di origine antica. Un altro importante edificio è il Santuario dedicato alla Madonna di Caravaggio, sorto nel 1941 e sede parrocchiale dal 1944. La Cantina Sociale di Montescano, che vanta una tradizione quasi secolare, infatti fu fondata nel 1902, è stata recentemente acquisita dalla Cantina Sociale "La Versa". Dal 1974 a Montescano funziona il moderno Centro Medico "Fondazione Maugeri", dotato di 250 posti letto, fondato dal professor Maugeri, direttore della Clinica del Lavoro di Pavia e che è oggi un Istituto all'avanguardia per la riabilitazione cardiologica, pneumologica e la rieducazione funzionale e si trova nel Palazzo Olevano
Dati statistici
Superficie totale: 2,4 kmq
Ettari vitati: 139
Altitudine (min-max): 118 - 317 m
Flora
La bassa collina è la fascia che, prima dell'alta collina e della montagna, ha visto fiorire l'agricoltura, perdendo, già dai tempi delle prime incursioni umane, gran parte del proprio patrimonio forestale originario.
Già al tempo della colonizzazione romana la bassa collina dell' Oltrepò era caratterizzata da una vegetazione forestale simile a quella riscontrabile nei boschi governati a ceduo (querceti misti sub-mediterranei), nei quali domina la Roverella. Nell'ambito collinare è diffusa anche un'altra quercia, la Farnia. Frequentemente, nei querceti, le specie sopra citate sono accompagnate da latifoglie quali il Carpino Nero, l'Orniello, il Nocciolo.
Meno sovente si rinvengono anche l'Acero, l'Olmo, il Bagolaro, il Ciliegio selvatico, il Pero selvatico, il Maggiociondolo. Il sottobosco dei querceti è denso di essenze: Rose selvatiche, Rovi, Biancospini, Ginepri, Prugnoli, Cornioli, Ligustri, Ginestre.
Talvolta proliferano Edere. Il querceto misto, poi, è stato soppiantato, sin dai tempi della presenza romana nell'Oltrepò, dal castagneto.
Gli ambienti umidi della bassa collina sono caratterizzati dalla presenza di Ontani neri, Salici bianchi, Pioppi bianchi e grigi.
Numerosissimi sono i fiori che popolano il sottobosco dei querceti: Primule, Eritroni, Viole e le meravigliose Orchidee. Nei prati umidi fioriscono il Narciso e il Colchio.
I funghi
La flora fungina di questi boschi è molto ricca, annovera infatti centinaia di specie, tra cui pregiati porcini e tartufi.
All’interno dell’ecosistema boschivo sono comunque molto importanti anche i funghi lignicoli, in quanto contribuiscono a riciclare le sostanze organiche degli alberi morti.
Già al tempo della colonizzazione romana la bassa collina dell' Oltrepò era caratterizzata da una vegetazione forestale simile a quella riscontrabile nei boschi governati a ceduo (querceti misti sub-mediterranei), nei quali domina la Roverella. Nell'ambito collinare è diffusa anche un'altra quercia, la Farnia. Frequentemente, nei querceti, le specie sopra citate sono accompagnate da latifoglie quali il Carpino Nero, l'Orniello, il Nocciolo.
Meno sovente si rinvengono anche l'Acero, l'Olmo, il Bagolaro, il Ciliegio selvatico, il Pero selvatico, il Maggiociondolo. Il sottobosco dei querceti è denso di essenze: Rose selvatiche, Rovi, Biancospini, Ginepri, Prugnoli, Cornioli, Ligustri, Ginestre.
Talvolta proliferano Edere. Il querceto misto, poi, è stato soppiantato, sin dai tempi della presenza romana nell'Oltrepò, dal castagneto.
Gli ambienti umidi della bassa collina sono caratterizzati dalla presenza di Ontani neri, Salici bianchi, Pioppi bianchi e grigi.
Numerosissimi sono i fiori che popolano il sottobosco dei querceti: Primule, Eritroni, Viole e le meravigliose Orchidee. Nei prati umidi fioriscono il Narciso e il Colchio.
I funghi
La flora fungina di questi boschi è molto ricca, annovera infatti centinaia di specie, tra cui pregiati porcini e tartufi.
All’interno dell’ecosistema boschivo sono comunque molto importanti anche i funghi lignicoli, in quanto contribuiscono a riciclare le sostanze organiche degli alberi morti.
Castana
Paese dell'Oltrepò orientale il cui nome trae origine dai castagneti che probabilmente caratterizzavano le colline circostanti. Noto nell'antichità come castrum castanae [letteralmente centro (fortificato) delle castagne], Castana, nella carta della regione compilata dallo storico ottocentesco Severino Capsoni, era già citato in epoca romana come ad Castanem.
Ubicato a 25 chilometri dal capoluogo provinciale, Castana è un piccolo paese rurale che si estende tra la Val Versa e la Valle Scuropasso, a poco meno di 300 metri di quota.
Al centro dell'abitato si trovano i resti del castello di origine medioevale che, edificato su un'altura in posizione dominante sulla valle, fece di Castana un importante nucleo strategico.
Costruito probabilmente dai monaci pavesi di S. Bartolomeo in Strada, il borgo fu protagonista di alterne vicende nel corso dei secoli. Nel 1200, epoca in cui Castana era costituita da una fortificazione attorno alla quale sorgevano poche case con il tetto di paglia (come testimonierebbe un documento storico risalente a quel periodo), venne devastato dai combattimenti fra cremonesi e dai piacentini in lotta con il marchese del Monferrato rifugiatosi fra le sue mura. Durante gli scontri il castello venne dato alle fiamme.
Nel 1531 Castana era parte del feudo di Broni, retto dai Beccarla, all'estinzione dei quali, passò alla famiglia Borromeo e successivamente ai casati degli Arrigoni e dei Pallavicino.
Da borgo medioevale a rinomato centro vinicolo il passo non fu così breve; certo è che attualmente Castana è molto più nota per le sue pregiate produzioni vinicole che per i suoi, se pur interessanti, aspetti storico-artistici.
Sono frutto dei suoi vigneti gli ottimi vini rossi quali Barbera, Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò, e Sangue di Giuda
Da vedere
Meta di chi cerca buon vino e refrigerio, soprattutto nel periodo estivo, Castana vanta, oltre all’antico maniero, che venne nuovamente eretto nel 1700 e poi trasformato in palazzo signorile dagli allora proprietari (i signori Pallavicini Trivulzio), anche una parrocchiale. Di datazione ottocentesca, la chiesa di S. Andrea, oggi a tre navate (la pianta originale ne prevedeva una sola), conserva pregevoli dipinti e il ricordo di un curioso campanile storto, fatto poi abbattere per motivi di sicurezza e sostituito con uno "dritto".
Dati statistici
Superficie totale: 5,17 kmq
Ettari vitati: 220
Altitudine (min-max): 107 - 337 m
Ubicato a 25 chilometri dal capoluogo provinciale, Castana è un piccolo paese rurale che si estende tra la Val Versa e la Valle Scuropasso, a poco meno di 300 metri di quota.
Al centro dell'abitato si trovano i resti del castello di origine medioevale che, edificato su un'altura in posizione dominante sulla valle, fece di Castana un importante nucleo strategico.
Costruito probabilmente dai monaci pavesi di S. Bartolomeo in Strada, il borgo fu protagonista di alterne vicende nel corso dei secoli. Nel 1200, epoca in cui Castana era costituita da una fortificazione attorno alla quale sorgevano poche case con il tetto di paglia (come testimonierebbe un documento storico risalente a quel periodo), venne devastato dai combattimenti fra cremonesi e dai piacentini in lotta con il marchese del Monferrato rifugiatosi fra le sue mura. Durante gli scontri il castello venne dato alle fiamme.
Nel 1531 Castana era parte del feudo di Broni, retto dai Beccarla, all'estinzione dei quali, passò alla famiglia Borromeo e successivamente ai casati degli Arrigoni e dei Pallavicino.
Da borgo medioevale a rinomato centro vinicolo il passo non fu così breve; certo è che attualmente Castana è molto più nota per le sue pregiate produzioni vinicole che per i suoi, se pur interessanti, aspetti storico-artistici.
Sono frutto dei suoi vigneti gli ottimi vini rossi quali Barbera, Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò, e Sangue di Giuda
Da vedere
Meta di chi cerca buon vino e refrigerio, soprattutto nel periodo estivo, Castana vanta, oltre all’antico maniero, che venne nuovamente eretto nel 1700 e poi trasformato in palazzo signorile dagli allora proprietari (i signori Pallavicini Trivulzio), anche una parrocchiale. Di datazione ottocentesca, la chiesa di S. Andrea, oggi a tre navate (la pianta originale ne prevedeva una sola), conserva pregevoli dipinti e il ricordo di un curioso campanile storto, fatto poi abbattere per motivi di sicurezza e sostituito con uno "dritto".
Dati statistici
Superficie totale: 5,17 kmq
Ettari vitati: 220
Altitudine (min-max): 107 - 337 m
Geologia e clima
Il territorio dell'Oltrepò è di tipo pre-appenninico con fenomeni di carattere franoso (oltre un migliaio) e aree di erosione da cui affiorano formazioni diverse costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi. Tutte queste formazioni hanno la caratteristica comune di possedere sabbia con argilla combinata in modi e in proporzioni differenti, e testimoniano, comunque, che, nel passato, dove ora troviamo ridenti colline, c'era un mare con temperature e vegetazione senza dubbio di tipo tropicale.
La formazione geologica di grande importanza per la viticoltura appartiene all'era Terziaria e costituisce una sorta di fascia che parte da Monte Acuto, tocca Stradella, Broni, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Casteggio, fa un'ansa profonda fino a Torrazza Coste, continua per Montebello, Codevilla fino a Rivanazzano; si tratta di una superficie pedecollinare di circa 25.000 ettari non ancora sicuramente collocata sotto il profilo della datazione; secondo alcuni potrebbe essere di origine pliocenica (circa sei milioni di anni fa).
La parte collinare appartiene all'era Terziaria, in cui si sono generati, nell'epoca pliocenica, pochi affioramenti di marne sabbiose nei dintorni di Montebello, Torrazza Coste, Casteggio e nelle zone più orientali dell'Oltrepò (Montù Beccaria, ecc.). Nell'epoca antecedente, la miocenica, si sono costituiti circa 16000 ettari di media collina fino alle prime montagne.
Questa epoca è quella in cui in pratica si sono sollevati gli Appennini, un piano che ha dato origine nel Messianico ai terreni di Montù Beccaria, S.Damiano, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de Giorgi, Cigognola, Redavalle, S.Giuletta, Torricella Verzate e a parte dei territori di Corvino S.Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco. Di origine appena precedente, e simili alle terre bianche di Langa, sono le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco (Langhiano), caratterizzate da strati potenti di marne bianche bianco-azzurrognole che possono essere considerate sabbie depositatesi in mari molto profondi, cementate da carbonati sotto pressioni molto elevate.
Il clima dell'Oltrepò Pavese si avvicina a quello tipico delle zone continentali, con inverno rigido ed estate calda.
Subisce poco l'influenza mitigatrice del mare per la presenza dei rilievi appenninici e a un periodo di freddo secco (gennaio - marzo) segue una primavera mediamente piovosa che passa da un clima freddo-umido a un clima caldo-umido per poi sfociare in un estate calda-secca caratterizzata da temperature medie dell'aria piuttosto elevate.
Con l'arrivo dell'autunno si assiste a un comportamento differente da mese a mese, e si passa da un settembre a clima caldo-secco a un ottobre con clima generalmente caldo e precipitazioni frequenti che raggiungono il loro valore massimo medio mensile in novembre. In dicembre le temperature si abbassano e permangono precipitazioni di media intensità.
La formazione geologica di grande importanza per la viticoltura appartiene all'era Terziaria e costituisce una sorta di fascia che parte da Monte Acuto, tocca Stradella, Broni, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Casteggio, fa un'ansa profonda fino a Torrazza Coste, continua per Montebello, Codevilla fino a Rivanazzano; si tratta di una superficie pedecollinare di circa 25.000 ettari non ancora sicuramente collocata sotto il profilo della datazione; secondo alcuni potrebbe essere di origine pliocenica (circa sei milioni di anni fa).
La parte collinare appartiene all'era Terziaria, in cui si sono generati, nell'epoca pliocenica, pochi affioramenti di marne sabbiose nei dintorni di Montebello, Torrazza Coste, Casteggio e nelle zone più orientali dell'Oltrepò (Montù Beccaria, ecc.). Nell'epoca antecedente, la miocenica, si sono costituiti circa 16000 ettari di media collina fino alle prime montagne.
Questa epoca è quella in cui in pratica si sono sollevati gli Appennini, un piano che ha dato origine nel Messianico ai terreni di Montù Beccaria, S.Damiano, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de Giorgi, Cigognola, Redavalle, S.Giuletta, Torricella Verzate e a parte dei territori di Corvino S.Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco. Di origine appena precedente, e simili alle terre bianche di Langa, sono le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco (Langhiano), caratterizzate da strati potenti di marne bianche bianco-azzurrognole che possono essere considerate sabbie depositatesi in mari molto profondi, cementate da carbonati sotto pressioni molto elevate.
Il clima dell'Oltrepò Pavese si avvicina a quello tipico delle zone continentali, con inverno rigido ed estate calda.
Subisce poco l'influenza mitigatrice del mare per la presenza dei rilievi appenninici e a un periodo di freddo secco (gennaio - marzo) segue una primavera mediamente piovosa che passa da un clima freddo-umido a un clima caldo-umido per poi sfociare in un estate calda-secca caratterizzata da temperature medie dell'aria piuttosto elevate.
Con l'arrivo dell'autunno si assiste a un comportamento differente da mese a mese, e si passa da un settembre a clima caldo-secco a un ottobre con clima generalmente caldo e precipitazioni frequenti che raggiungono il loro valore massimo medio mensile in novembre. In dicembre le temperature si abbassano e permangono precipitazioni di media intensità.
Fauna
Le caratteristiche territoriali (rilevante estensione di boschi e di aree incolte, diversità ambientale, posizione geografica, presenza di diverse zone difficilmente accessibili all'uomo), nonché una bassa densità della popolazione residente (e quindi un minor disturbo antropico) hanno fatto sì che l'Oltrepò pavese sia caratterizzato da una diversità e da una ricchezza faunistica di buon livello e dalla presenza di specie di rilevante interesse naturalistico, come il lupo appenninico, ed economico-venatorio, come il capriolo, il daino, il cinghiale, la pernice rossa, la starna.
Mammiferi. Oltre al già citato lupo appenninico, è possibile trovare, con frequenza molto diversa tra loro: la volpe rossa, la donnola, la faina, il tasso. Nei boschi diffuso è lo scoiattolo, come pure altri roditori: il ghiro, il moscardino, la marmotta.
Uccelli. La ricchezza faunistica dell'Oltrepò si rivela in modo particolare per quanto riguarda le specie ornitologiche. Consistente è la varietà di rapaci, stanziali o di passo: Falco pecchiaiolo, Falco pellegrino, Sparviere, Poiana, Gheppio, Civetta, Assiolo, Allocco, Gufo.
Legati agli ambienti acquatici dei principali torrenti dell'Oltrepò sono il Corriere piccolo, il Piro piro piccolo e, soprattutto lungo i torrenti minori della fascia collinare, il Martin pescatore.
La fascia collinare e montana dell'Oltrepò è l'unica area lombarda occupata in modo stabile dalla Pernice rossa. Altre specie di fasanidi presenti sono la Starna, la Quaglia e il Fagiano comune.
Anfibi e rettili. Ricca e varia è la presenza di anfibi (Tritoni, Rane, Rospi, Salamandre) e di rettili (Ramarri, Orbettini, Bisce, Colubri, Vipere).
La fauna del vigneto
Ambiente del tutto artificiale, ma antico, il vigneto offre ricetto a numerose specie di animali, che sono attirate dall’uva ma non solo. Questa fauna può essere infatti differenziata in due categorie: una prima, che, appunto, trova nell’uva un’importante fonte alimentare, e una seconda, che vive nel vigneto durante tutto l’anno.
Sono attirati dall’uva mammiferi come il cinghiale, il tasso e la volpe, ma anche insetti quali le vespe e le forbicine; sono numerosi anche i tordi migratori.
Dell’altra categoria, si segnala il curculionide, detto “sigaraio”, che ricava dalle foglie la sua nicchia riproduttiva. La lepre e il merlo sono presenti tutto l’anno. Lo storno, infine, trova nell’uva un’abbondante nutrimento, ma nelle altre stagioni si comporta da insettivoro, cibandosi in particolare di grilli, qui numerosi.
Sono poi da ricordare gli invertebrati dannosi alla vite, come la carruga della vite, il bromo, la tortrice, la tignola dell’uva, il ragnetto rosso e lo “scaphoides titanus”, vettore della devastante malattia denominata “flavescenza dorata”.
Mammiferi. Oltre al già citato lupo appenninico, è possibile trovare, con frequenza molto diversa tra loro: la volpe rossa, la donnola, la faina, il tasso. Nei boschi diffuso è lo scoiattolo, come pure altri roditori: il ghiro, il moscardino, la marmotta.
Uccelli. La ricchezza faunistica dell'Oltrepò si rivela in modo particolare per quanto riguarda le specie ornitologiche. Consistente è la varietà di rapaci, stanziali o di passo: Falco pecchiaiolo, Falco pellegrino, Sparviere, Poiana, Gheppio, Civetta, Assiolo, Allocco, Gufo.
Legati agli ambienti acquatici dei principali torrenti dell'Oltrepò sono il Corriere piccolo, il Piro piro piccolo e, soprattutto lungo i torrenti minori della fascia collinare, il Martin pescatore.
La fascia collinare e montana dell'Oltrepò è l'unica area lombarda occupata in modo stabile dalla Pernice rossa. Altre specie di fasanidi presenti sono la Starna, la Quaglia e il Fagiano comune.
Anfibi e rettili. Ricca e varia è la presenza di anfibi (Tritoni, Rane, Rospi, Salamandre) e di rettili (Ramarri, Orbettini, Bisce, Colubri, Vipere).
La fauna del vigneto
Ambiente del tutto artificiale, ma antico, il vigneto offre ricetto a numerose specie di animali, che sono attirate dall’uva ma non solo. Questa fauna può essere infatti differenziata in due categorie: una prima, che, appunto, trova nell’uva un’importante fonte alimentare, e una seconda, che vive nel vigneto durante tutto l’anno.
Sono attirati dall’uva mammiferi come il cinghiale, il tasso e la volpe, ma anche insetti quali le vespe e le forbicine; sono numerosi anche i tordi migratori.
Dell’altra categoria, si segnala il curculionide, detto “sigaraio”, che ricava dalle foglie la sua nicchia riproduttiva. La lepre e il merlo sono presenti tutto l’anno. Lo storno, infine, trova nell’uva un’abbondante nutrimento, ma nelle altre stagioni si comporta da insettivoro, cibandosi in particolare di grilli, qui numerosi.
Sono poi da ricordare gli invertebrati dannosi alla vite, come la carruga della vite, il bromo, la tortrice, la tignola dell’uva, il ragnetto rosso e lo “scaphoides titanus”, vettore della devastante malattia denominata “flavescenza dorata”.